Riappropriarsi del Palazzo dei Giudici d’Arborea


architetto virdisGià da qualche mese, come tutti sanno, il carcere di Oristano è stato trasferito dalla piazza Manno alla frazione di Massama. La struttura era rimasta interdetta al pubblico per circa due secoli poiché, ancor prima della costruzione del braccio cellulare e della destinazione ad istituto di pena nel 1872, i locali preesistenti erano stati adibiti a caserma. La curiosità e l’attesa per l’apertura del complesso architettonico sono esplose già prima del trasferimento dei detenuti a Massama poiché, come dimostrato dagli storici, nella parte destinata agli uffici della casa circondariale si trovava già il Palazzo Giudicale degli Arborea, un edificio simbolo della nostra storia. Dunque, prima ancora che la struttura fosse aperta e visitabile per vedere cosa è rimasto dell’antico Palazzo, già si era aperto il dibattito sul suo futuro utilizzo. Addirittura, sui social network, e a volte anche sui media, si confondeva la parte ottocentesca delle celle con la Reggia degli Arborea. Ovviamente, prima delle appropriate indagini di storici e archeologi le ipotesi di riutilizzo non possono essere precisissime. Un interessante contributo è stato dato dal convegno dal titolo Dibattito sullo sviluppo dell’Oristanese a partire dal riutilizzo della ex reggia di Eleonora già carcere mandamentale, organizzato recentemente dai Riformatori nel salone San Domenico. Relatori: Piero Ortu, ex sindaco di Oristano, Pupa Tarantini, presidente del Consorzio Universitario di Oristano, l’architetto Fabio Virdis scopritore di antichi disegni e tracciati della città giudicale e della reggia, e il professor Raimondo Zucca, archeologo, direttore dell’Antiquarium Arborense. Hanno partecipato il consigliere regionale Attilio Dedoni, in veste di coordinatore, e Luigi Crisponi, assessore regionale al Turismo.

Piero Ortu ha parlato del percorso politico-culturale tracciato da tutte le amministrazioni comunali oristanesi, nessuna esclusa, a partire dagli anni ’80, che ha portato al trasferimento del carcere dandoci la possibilità di programmare un avvenire per la realtà storica della Reggia. Pupa Tarantini, pioniera delle ricostruzioni storiche giudicali, ha invece indicato Oristano come il centro di un possibile turismo legato alla storia. L’architetto Fabio Virdis ha presentato il suo importante lavoro, la tesi di laurea, discussa a Firenze nel 2010, dal titolo Il Palazzo Regio dei Giudici d’Arborea ad Oristano. Una ricerca che lo ha portato a consultare gli archivi di Stato di Firenze, Roma, Cagliari, Oristano, Torino, Pisa, oltre ad innumerevoli biblioteche.

Attraverso le tavole ha inquadrato Oristano territorialmente e storicamente, individuando il centro di matrice bizantina e l’espansione successiva, con la cinta muraria e la torre di San Filippo. Dalle carte si capisce come doveva essere strutturata la piazza de Sa Majoria, l’attuale piazza Manno, una piazza trapezoidale che richiama modelli rinascimentali come la piazza di Pienza, capolavoro dell’urbanistica del ‘400. Una piazza adatta ad accogliere un gran numero di persone e una grande quantità di merci dal lato della Porta a Mari. C’erano altri edifici istituzionali, oltre alla Reggia, come la Prospera Civitatis, le Domos Milicie e anche un orto con il mulino per il fabbisogno della Corte giudicale. Comparando fotografie, litografie e materiale cartografico e rifacendosi al lavoro di storici che avevano trattato in precedenza l’argomento, come Paolo Gaviano e Maria Grazia Mele, Virdis ha fatto una ricostruzione tridimensionale del complesso Reggia-Torre-Castello. Dalle immagini proiettate si può notare come, con molta probabilità, un lato del castello è inglobato nelle mura di cinta del carcere. E’ comprensibile che la parte medievale non si veda, ma è celata all’interno della zona uffici, come si nota dallo spessore e dall’irregolarità delle mura, oltre che dalle immagini d’epoca che ci mostrano come nel 1827 il corpo centrale era decisamente meno profondo e una parte è stata aggiunta successivamente. Una tesi, dunque, che può integrare il lavoro degli storici, per la quale gli enti locali potrebbero pensare a sponsorizzare una pubblicazione. Nel successivo intervento, il professor Zucca ha sottolineato due aspetti importanti: il primo è che non si può, per fortuna, parlare di demolizione in quanto il bene è vincolato ai sensi della legge 1089/39. Il secondo aspetto è relativo allo status giuridico del monumento, che appartiene al demanio dello Stato. “Bene ha fatto il sindaco Tendas” dice Zucca “ a rivendicare idealmente  l’eredità degli Arborea per la città di Oristano”. In questi tempi di crisi, il demanio dello stato ha proposto agli amministratori locali una permuta per poter trasferire uffici pubblici, che attualmente si trovano in strutture in affitto, in altri locali di proprietà del Comune o della Provincia. “Questo è realismo” continua il direttore dell’Antiquarium “trovare un edificio da cedere perché, a mio giudizio, la richiesta del passaggio del Palazzo alla RAS è una strada tutta in salita oggi. Se invece c’è la volontà di dare in cambio un altro bene, questa è la strada che realisticamente bisogna seguire. C’è una scelta da fare in tempi brevi, ancor prima di pensare al restauro del Palazzo degli Arborea: trovare un bene da dare in cambio. Questo è il luogo della memoria, da rivendicare senza se e senza ma, con realismo, perché riuscire a cogliere questo obiettivo senza attese eterne sarebbe significativo per il destino della città e per quello della Sardegna. In questo palazzo c’è una storia di grande respiro europeo perciò la rivendicazione deve vedere tutti, aldilà di colori politici, pronti a combattere affinché si realizzi”.

Ha concluso l’assessore Crisponi parlando dell’eventualità della creazione di un marchio d’area per Oristano, l’Arborea come un’area culturale che custodisca e racconti la storia, la memoria, l’identità servendosi delle metodologie più moderne, in collaborazione con il Consorzio Uno.

Articolo scritto per il settimanale L’Arborense

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